
ARCAO
ASSOCIAZIONE CULTURALE ARCHEOLOGICA di OGGIONO

Chiesa Sant' Eufemia
Eufemia è una giovane di Calcedonia, appartenente a nobile famiglia, da cui viene educata ad uno spirito di amore e di carità.
Durante l’impero di Diocleziano (primi anni del secolo IV), con altri cristiani è condotta in tribunale dinanzi al proconsole Prisco che interroga tutti sulle verità della fede. Essi rispondono quasi ispirati divinamente e non cedono né alle false promesse né alle torture.
In seguito Eufemia è portata in giudizio e con ardore e con nobili risposte respinge l’audacia del magistrato. Viene quindi sottoposta ai tormenti più crudeli: le vengono spezzati i denti a colpi di martello, viene gettata sulle ruote, è trascinata tra le fiamme. Salvata dal fuoco per intervento divino, è condotta tra i leoni e dilaniata dalle belve.
Il culto della Santa si diffuse in oriente e in occidente in seguito ad un grande prodigio avvenuto durante il celebre concilio di Calcedonia dell’anno 451 che ebbe luogo nella Basilica della Santa.
Le due professioni di fede, quella cattolica del grande papa Leone I e quella eretica del ribelle Eutiche che negava la natura umana di Cristo, erano state collocate dentro la tomba sul petto di sant’Eufemia. Dopo alcuni giorni, riapertasi l’urna che era stata debitamente sigillata, si trovò il testo ereticale posto ai piedi della Martire e quello cattolico stretto fra le sue mani.
In quell’occasione sant’Eufemia fu proclamata patrona della fede cattolica.
Dedicazione
A diffondere il nome e il culto di sant’Eufemia in occidente hanno contribuito due fatti avvenuti a Calcedonia, patria della Martire cristiana: il IV Concilio Ecumenico che si tenne nel 451 nella Basilica sepolcrale della Santa e, un secolo dopo, la contestazione del Concilio stesso da parte dell’imperatore Giustiniano.
In quella occasione il pontefice Vigilio, assediato nello stesso luogo del Concilio, indirizzò a tutta la cristianità un’enciclica a difesa della vera Fede.
La Martire della città di Calcedonia divenne quindi un simbolo da propagandare attraverso un culto particolare, quindi con la dedicazione di chiese.
Nella nostra zona, si può ritenere che sia stato Agrippino (inizio sec.VII), vescovo di Como di origini venete, a dare inizio a tale consuetudine.


Notizie storiche
Oggiono è stato un antichissimo centro del cristianesimo. Non sono reperibili documenti relativi al I millennio, ma alcuni indizi possono far risalire l’origine della prima chiesa all’alto medioevo. Fra questi, il particolare impulso dato in epoca longobarda alla diffusione del culto della Santa dopo il Concilio di Calcedonia (cui avevano partecipato i vescovi di Milano e di Como), e i ritrovamenti archeologici sia dell’interno del battistero (1932) sia della navata della prepositurale (1955).
Secondo don Carlo Gottifredi infatti, parecchi elementi individuati negli scavi del 1955, riguardanti in particolare il materiale usato, ci portano assai indietro nel tempo e ci pongono di fronte a ricostruzioni diverse, per cui si può anche ipotizzare che la dedicazione a sant’Eufemia, nell’epoca di massimo fervore di devozione, sia subentrata ad un edificio sacro preesistente.
Storicamente la prima traccia della canonica di sant’Eufemia si scopre in un documento del 1192 da cui risulta che tra i cappellani della chiesa di san Nazaro di Arosio c’era prete Gualderico della canonica di Oggiono.
In una lettera inviatagli dal papa Innocenzo IV, datata 13 agosto 1247, da Lione, viene segnalato il primo arciprete, già chiamato prevosto, Ugo Prealoni, membro di una famiglia eminente nella Milano comunale.
Da un documento di poco posteriore (1255), sappiamo che anche tra i canonici oggionesi comparivano personaggi importanti, come Lanfranco de Molteno, stretto collaboratore dell’arcivescovo di Milano.
Solo alla fine del secolo XIII da Goffredo da Bussero abbiamo notizia delle chiese dipendenti dalla matrice di Oggiono: 17 chiese distribuite sia nel paese sia nelle vicinanze (Ello, Brongio, Dolzago, Figina, Garbagnate, Trescano, Vergano, Cogoredo) con 20 altari.
Una pianta della chiesa demolita, allegata agli atti della visita pastorale di san Carlo Borromeo nel 1571, documenta come l’edificio apparisse ad aula pressoché quadrata, ripartita in tre navate da doppia fila di 4 pilastri, con ad est una sola abside (cappella maggiore), a semicerchio, affiancata da due altari minori e con una cappella laterale.
Epoca
La costruzione della prepositurale odierna inizia nei primi anni del ’600. Lo attesta un graffito all’interno del Battistero, scolpito rozzamente in lettere maiuscole nella parte inferiore dell’affresco che rappresenta san Rocco solo. Mancano alcune lettere per il distacco dell’intonaco e l’incisore non ha completato l’anno. Si legge:
160 ... DIE 4 AUG
USTI. CEP (tum est)
EDIFICARE E (ccl)
ESIAM. S. EUF (emiae)
UGLONI
P. P. GARIMBER (tus)
Sappiamo che dal 1591 al 1626 resse la parrocchia il prevosto Giovanni Paolo Garimberto (Galimberti) e che nel maggio 1615 la chiesa non era ancora terminata, come attestano atti e decreti della visita pastorale del Card. Federico Borromeo.
L’attuale costruzione, rispetto a quella dei tempi di san Carlo, è più ampia del tratto che va dalle acquasantiere alla facciata e, ad oriente, più o meno dell’attuale presbiterio.
L’abate Giacinto Longoni, anche se con molti dubbi, riporta l’ipotesi che il disegno sia di Pellegrino Pellegrini e aggiunge che fra le mensolette del cornicione si leggeva un tempo l’iscrizione del capomastro: “Magister Joannes de Ponte Faber Cementarius fecit hoc opus 1606”. La chiesa, sempre nel ’600, è abbellita per offerta fatta dall’oblato Delfinone.
La ricostruzione del campanile, secondo l’annotazione lasciataci da Cesare Cantù, inizia nel 1793 e viene completata con la cupola disegnata dall’architetto lecchese Giuseppe Bovara (1781-1873). La piazza davanti alla colonna di sant’Eufemia è realizzata nel 1758 dalla Confraternita.
Esterno
L’elegante facciata è il risultato di un rimaneggiamento successivo al ciclone del 1898. Sono state tolte le decorazioni barocche alle tre finestre della parte superiore ed è stata chiusa la nicchia posta sopra il portale centrale, su cui ora è il riquadro con la dedicazione:
D.O.M.
ET
B. EVPHEMIAE
V. ET M.
CICATVM
La facciata è suddivisa da quattro lesene in rilievo in serizzo che aumentano la verticalità della composizione, separate orizzontalmente da una trabeazione, sempre in serizzo. I segmenti della parte inferiore terminano con capitelli in rilievo d’ordine tuscanico; quelli della parte superiore (fra la trabeazione e il timpano), più snelli e corti della sottostante, terminano con capitelli in rilievo d’ordine ionico.
Il timpano, come il resto delle grondaie, è tipico del seicento lombardo con mensole a gola diritta in serizzo, sormontate da lastre sagomate del medesimo materiale. Sopra le porticine laterali si aprono le nicchie con i SS. apostoli Pietro e Paolo; sopra il portone centrale la scritta con la dedicazione.
Ai lati delle lesene esterne due corpi con tetti spioventi mascherano le cappelle laterali.

Il campanile
La parte inferiore della torre campanaria fin sopra le finestrine bifore (che hanno consentito una datazione coeva al battistero - sec.XI°) è quanto oggi resta dell’antica costruzione romanica.
La parte superiore è dovuta alla ricostruzione della fine del ‘700 e si innalza sul tronco del vecchio campanile (incorporato nel tempio), poco al di sopra del tetto della chiesa.
Il 20 agosto 1784 le 4 vecchie campane (la maggiore era datata 1725 con un diametro di m.1,50; la minore era del 1702; la seconda era del 1704; la terza del 1700) furono sostituite dalle 5 attuali, la maggiore della quali ha un diametro di m.1,85. Furono consacrate con i nomi:
la prima: Maria, Eufemia, Camilla
la seconda: Giovanni Battista, Benedetto
La terza: Ambrogio
La quarta: Carlo, Giuseppe
La quinta: Eurosia, Lorenzo, Agata
Il quadrante dell’orologio rivolto a sud è collocato in una elegante cornice di pietra arenaria sostenuta da due leoni.
Nei secoli passati la parte più alta del campanile è stata danneggiata da violenti moti atmosferici. Nel 1778 a causa di un fulmine caddero il globo e la croce sulla chiesa, danneggiando la sottostante cappella del Crocifisso. Nel 1797 dovette essere rinforzata la croce, colpita da un forte temporale. Il ciclone del 1898 fece crollare la guglia sulla sottostante volta della crociera, distruggendo l’affresco e gli ornati relativi.

Interno
La chiesa, ad una navata, è a forma di croce latina (tipica del periodo della controriforma), con 8 cappellelaterali e l’altare maggiore a est con un vasto tricoro.
Entrando dalla porta laterale destra incontriamo:
I° cappella (altare di san Giuseppe)
Affresco di Andrea Appiani (Milano 1754-1817) rappresentante Lo Sposalizio della Beata Vergine e di san Giuseppe. È un’opera giovanile del pittore che fu portata a termine in soli 6 giorni nel 1790, come si rileva da un documento (conservato presso l’archivio parrocchiale) scritto dal canonico Carpani di Oggiono: “1790. Nel giorno 6 ottobre il signor Andrea Appiani ha cominciato a dipingere lo Sposalizio di san Giuseppe con la Beata Vergine Maria ed ha finito il giorno 11 di detto mese. Il giorno 13 fu benedetta la Cappella di san Giuseppe”.
Nella stessa cappella, altri dipinti che illustrano la vita di san Giuseppe sono opera del pittore oggionese Paolo Cattaneo(1918-1990).
II° cappella
Vi è collocato un mobile di sagrestia barocco di noce adibito a confessionale, con una pregevole Assunta intagliata nel pannello centrale. Fortemente modificato nella parte inferiore (cassettiera), proviene dalla chiesetta di san Lorenzo e occupa lo spazio prima riservato all’altare di sant’Antonio da Padova (demolito all’inizio degli anni ’70).
III° cappella (Vergine della Consolazione)
Il dipinto rappresenta la Madonna con il Bambino in trono fra sant’Eufemia (a sinistra) e santa Caterina di Alessandria (a destra) ed è attribuito a Marco d’Oggiono (1465/70-1524?). Si pensa che l’affresco fosse originariamente collocato nella cappella di sant’Ambrogio che, nella chiesa esistente prima dell’attuale, stava di fronte all’ingresso laterale. Quando fu ricostruito l’edificio nel ’600, venne staccato e trasportato nell’attuale cappella. Un danno irreparabile subì il volto della Madonna, che fu rifatto da un pittore poco valido; l’opera inoltre fu ricomposta riducendone le dimensioni e ridipingendo a fresco la parte inferiore.
Nel 1994 l’affresco è stato restaurato dalla dott. Lucchini. In questa occasione il critico d’arte Franco Moro ha attribuito senza alcun dubbio il dipinto a Marco d’Oggiono, facendolo risalire agli anni più giovanili. Domenico Sedini15 invece è più propenso a ritenerlo un “dignitoso lavoro” della bottega di Marco.
Sulle pareti laterali della cappella erano appese 14 formelle di rame con dipinti di epoca barocca rappresentanti i Misteri del Rosario. Il V “glorioso”, la Madonna tra Angeli e Santi, è affrescato nella volta.
Nella nicchia sopra l’affresco è collocata la statua di san Domenico(inizio sec. XVIII), fondatore dell’ordine dei Domenicani e diffusore del culto della Madonna del Rosario


Organo
E’ uno dei capolavori della nostra chiesa. Nella cassa di legno barocca venne alloggiato nel secolo scorso il nuovo strumento elaborato dai F.lli Serassi di Bergamo, celeberrima famiglia di organari.
Esso era costituito da due complessi: un organo principale composto da 1685 canne ed un organo eco, dotato di altre 808 canne di diversa fattura (di legno, di stagno, di lega). Numerose anche le voci della strumentazione. Il tutto era asservito ad una complessa meccanica azionata da una tastiera di osso e di ebano ad uso pianoforte e da una pedaliera di noce. Dopo due anni di lavoro, l’11 aprile 1864, il nuovo organo veniva collaudato dal maestro Giuseppe Marelli, organista del duomo di Milano.
Per i primi anni le necessarie manutenzioni e accordature furono eseguite dai costruttori, ma dopo la scomparsa della famiglia Serassi l’organo fu sottoposto ad aggiustamenti e modifiche (affidati ad artigiani e ditte diverse) che gli tolsero completamente le caratteristiche originali.
Nel 1987 la casa organaria Mascioni di Cuvio (Va) inizia l’opera di ricostruzione: viene smontato totalmente l’organo, si procede ad un meticoloso inventario e riordino delle parti serassiane (delle originarie 2499 canne, ben 1157 erano state asportate nel tempo), si ricostruiscono fedelmente tutti i pezzi mancanti.
In chiesa viene restaurata la parte lignea della facciata dell’organo, ornata con oro zecchino nelle parti dorate, e si interviene sulla parte muraria con un’ampia opera di bonifica, adeguandola a rialloggiare lo strumento.
L’inaugurazione del ripristinato organo Serassi avviene con un concerto tenuto dal maestro Gianluca Cesana il 16 settembre 1990, giorno della patrona santa Eufemia.
Sotto l’organo è posizionato un confessionale neoclassico in noce con le statue dei SS. Apostoli Pietro e Paolo.
Altare Maggiore
Una elegante balaustra di marmo delimita il presbiterio, cui si accede da tre gradini.
L’altare neoclassico, sormontato da un tempietto di otto colonne, è stato costruito su disegno dell’architetto Bovara. Ai lati si fronteggiano due bellissimi angeli, opera dello scultore Pompeo Marchesi (1789-1858).
Secondo le disposizioni del Concilio Vaticano II°, l’altare è stato sostituito da un unico blocco di marmo bianco, tale che il sacerdote celebri rivolto verso il popolo.
Sulla parete di sinistra è affrescato il martirio di sant' Eufemia, su quella di destra la visita di san Pietro a sant' Agata in carcere. Sulle altre pareti opere di Paolo Cattaneo.
Nella lunetta del catino dell’abside, in alto, è affrescata la Deposizione di Giuseppe Carnelli (1899); nella volta a botte del presbiterio la Trinità. Sull’arco trionfale campeggia un Crocifisso.
Il coro ligneo barocco ospita al centro, dietro l’altare, una statua della Madonna pure di legno della stessa epoca, che viene esposta nel mese di ottobre (Madonna del Rosario).
I due pulpiti ai lati dell’altare maggiore, opera degli Artigianelli, nel 1925 (prevosto Luigi Colombo) hanno sostituito quelli precedenti, dello stesso stile dell’organo.
V° cappella (nel transetto a sinistra)
La cappella, riccamente decorata e con quattro angeli recanti i simboli del martirio, ospita un interessante Crocifisso in legno policromo del sec.XV°. La statua, di notevoli proporzioni (è alta 148 cm. e l’apertura delle braccia è di 135 cm.), è inserita in una nicchia costruita appositamente, ma di epoca più tarda.
La croce non risulta essere quella originaria e neppure l’aureola, mentre lo potrebbe essere la corona di spine.
L’opera dimostra una notevole qualità nell’intaglio. Le costole sporgono in modo fortemente drammatizzato; il perizoma è caratterizzato da molteplici pieghe curvilinee; le gambe sono stecchite e le braccia rimontano l’orizzontale; la barba e i capelli, con tracce di dorature, sono scolpiti nel legno. Il volto di Gesù, nonostante l’espressione sia quella di un defunto, mostra gli occhi socchiusi.
Un interessante particolare riguarda la coppia di chiodi che, invece di trafiggere come di consueto le palme delle mani, perfora i polsi: la stessa caratteristica che presenta la sacra immagine della Sindone.
Polittico di Marco d'Oggiono
È composto da dieci tavole dipinte a olio (si presume nei primi decenni del ’500). In posizione centrale è l’Assunzione della Vergine tra gli Apostoli, sovrastata dalla figura di Dio Padre nell’atto di porre una corona sul capo di Maria. Gli altri otto sono disposti su due ordini. Il superiore comprende, da sinistra: sant’Ambrogio, sant’ Eufemia, sant’ Apollonia (anticamente riconosciuta come sant’ Agata), santo Stefano. Nell’ordine inferiore si trovano: san Bernardino da Siena, san Francesco, san Sebastiano, san Rocco.
La più antica notizia riguardante i dipinti risale ad un documento (pubblicato da mons. Marcora) del 1608, anno della visita pastorale del Card. Federico Borromeo, che segnala sull’altare maggiore, in una cornice, un polittico con le immagini di Maria che ascende al cielo e di alcuni Santi.
Il polittico viene poi smembrato in epoca imprecisata: in quell’occasione si perdono la cornice originale e alcuni pannelli dipinti come la predella.
C. Cantù e in particolare G. Longoni nel 1858 citano le tavole rimaste collocate in diversi luoghi della chiesa: l’Assunta vicino all’organo; il Padre Eterno nella cappella del Rosario; sant' Eufemia vicino al pulpito del vangelo; san Sebastiano, san Francesco, san Lorenzo (santo Stefano), sant'Antonio (san Bernardino), sant'Ambrogio e sant' Agata (santa Apollonia) appesi ai pilastri della chiesa.
L. Malvezzi (1882) ricorda che la pala è stata commissionata dalla antichissima famiglia oggionese dei Riva - Finoli; successivamente Benedetto Riva la regala alla chiesa prepositurale. Nel 1873 Cesare Riva, rinvenuto nell’archivio di famiglia il disegno originale del polittico, ne consente la ricostruzione.
Nello stesso anno i dipinti sono collocati sulla parete di fronte all’organo, in un’elegante cornice, dono dell’ing. Alfonso Amati. La lapide ricorda:
Queste tavole
di Marco d'Oggiono
quì insieme raccolte
compiono il voto comune
di erigere un monumento all'autore
ed ornare precipuamente il tempo restaurato
MDCCCLXXIII



VI° cappella
Vi è collocata la statua di san Carlo Borromeo. I due dipinti di P. Cattaneo illustrano momenti della vita del Santo.
VII° cappella
Vi è un mobile di sagrestia barocco di noce, più semplice di quello che lo fronteggia, adibito a confessionale. Modificato anch’esso nella parte inferiore, proviene dalla chiesetta di sant'Agata e occupa lo spazio prima riservato all’altare dedicato a san Bernardino. Il quadro che lo rappresenta con la Vergine e altri Santi si trova ora sopra la porta laterale destra della controfacciata.
La cappella era ius patronato della famiglia Riva - Finoli, che aveva nell’antica chiesa anche il suo sepolcro, eretto nel 1588, come si rilevava dalla lapide posta innanzi ad essa.
VIII° cappella
E’ dedicata a sant'Ambrogio. I dipinti sono opera di P. Cattaneo.
Le cappelle laterali sono arricchite da balaustre e da altari di marmo, ognuna con due pannelli raffiguranti Santi, opera di P. Cattaneo.
ll grande affresco della volta sopra la crociera del transetto, rappresenta il Trionfo dell’Eucaristia (gli Angeli fanno corona e san Michele arcangelo con la spada sconfigge i demoni) ed è opera del Carnelli, artista bergamasco specialista nella raffigurazione liturgica.
Secondo il pittore oggionese Francesco Muttoni, sono di Pasquale Agudio i ricami scenografici, le bordature e le cornici. L’opera, realizzata sul finire dell’ ‘800, sostituisce un altro dipinto (G. Longoni: discesa dello Spirito Santo?) distrutto nel 1898 quando, a causa del ciclone, la cima del campanile si abbattè sul tetto in corrispondenza della crociera.
Nella volta a botte della navata, riccamente decorata, è affrescata l’Ascensione di Gesù. Di quest’opera, la parte superiore (Gesù Cristo e angeli) è di Giuseppe Carsana, mentre la parte inferiore (Vergine, Apostoli e altre figure) è di G. Carnelli che la restaurò dopo il ciclone (nel disegno allegato all’opera di G. Beneggi, oltre la crociera caduta, risulta danneggiata infatti anche la parte inferiore del dipinto della navata).
I medaglioni con gli apostoli Pietro e Paolo, gli Evangelisti e altri affreschi della navata sono di G. Carsana.
Controfacciata. Sopra la porta laterale destra (accanto alla cappella di sant'Ambrogio) vi è una tela di valore del ‘600, rappresentante la Vergine con i SS. Bernardino, Andrea e Giacinto, erroneamente attribuita nel secolo scorso a Gaudenzio Ferrari.
Sopra la porta laterale sinistra vi è un quadro che rappresenta san Francesco (collocato in precedenza nella sagrestia di sant'Agata).
Sopra il portone d’ingresso, tre affreschi recentemente realizzati dal pittore Bogani: al centro Gesù a tavola con i discepoli di Emmaus.
I quadri a olio che raffigurano la Via Crucis sono del secolo XVIII°.
Arredi
Stendardo - Ricchissimo e grandioso, capolavoro dell’arte e del ricamo, commissionato dalla Confraternita al sig. Franco Castagnoli di Milano. E’ datato 26 maggio 1842. Rappresenta da una parte sant' Eufemia (a destra) e sant' Agata in adorazione dell’Eucaristia, dall’altra la Madonna con il Bambino.
Croce del Popolo
(così denominata, perché secondo la tradizione l’opera sarebbe stata eseguita per la chiesa di sant' Eufemia a spese della comunità oggionese).
E’ una pregevole croce astile quattrocentesca in lamine di argento sbalzate, cesellate e parzialmente dorate. Misura complessivamente 79 cm.; la lunghezza del braccio orizzontale è di 45 cm.
Sul fronte vi è Gesù Crocifisso con Maria e Giovanni (ai fianchi), Maria Maddalena (in alto), sant' Eufemia (in basso) con la palma del martirio.
Sul retro, all’incrocio dei bracci, è collocata l’immagine di Dio Padre, circondato dai simboli apocalittici degli evangelisti: il Vitello-Luca e il Leone-Marco (ai lati); l’Aquila-Giovanni (in alto); l’Uomo alato-Matteo (in basso).
I bracci della croce, dai profili ondulati, sono decorati da losanghe alternativamente lisce e puntinate.
Il nodo sferico è ornato da quattro nielli figurati, eseguiti su piastrine argentee, su cui sono riconoscibili la Madonna con il Bambino, santo Stefano, san Pietro, sant'Ambrogio.
Piatto in ottone
E’ un manufatto germanico in ottone di Dinant, una lega metallica caratteristica della regione della Mosa, sbalzato e cesellato. Misura 42 cm. di diametro.
Nel disco centrale è raffigurata l’Annunciazione: sulla sinistra l’arcangelo Gabriele, a destra la Vergine inginocchiata, in alto la colomba dello Spirito Santo. Nelle due corone circolari che incorniciano la scena sono riprodotti un viticcio con fogliami e fiori e una scritta ripetuta in lingua tedesca.
Può essere datato tra la fine del ‘400 e i primi anni del secolo successivo.
Piatto in cristallo
E’ a forma ottagonale (dimensioni: 255x207; altezza 45) e nel riquadro centrale reca impresso un busto in oro su sfondo rosso. Il risvolto ottagonale è percorso da un viticcio ornamentale. Viene fatto risalire al sec. XV°.
Secchiello in bronzo per acqua santa
E’ decorato con finissimi fogliami a rilievo, due stemmi e due mascheroni cui è agganciato il manico. Insieme con un altro secchiello ornato, custodito nel duomo di Monza, attesta la raffinata maestria dei cesellatori rinascimentali (sec.XVI°).