
ARCAO
ASSOCIAZIONE CULTURALE ARCHEOLOGICA di OGGIONO




Il nostro "Bel San Giovanni"
Dante ha chiamato così il battistero di Firenze, nel quale fu rigenerato a quella vita soprannaturale, di cui egli doveva illustrare tanta parte nel suo poema “cui han posto mano e terra e cielo”. E chi ci proibirà di chiamare così ancor noi il nostro antico e bel battistero? Se non ha le bellezze d’arte di quello fiorentino, vanta però antichità, sebbene non definita, grande assai. Non i secoli ma gli uomini l’hanno deturpato nella sua severa bellezza. I secoli XVII e il XVIII, in Oggiono, han visto passare una folle ventata di gusto barocco, che ha cancellato monumenti dell’arte romanica e lombarda; non ha risparmiato il vetusto battistero cambiandogli perfino destinazione; la chiesa battesimale divenne Sacristia. Così è conosciuta da noi.
I vecchi vorrebbero dirci qualche cosa dell’antico edificio: nulla però di preciso, perché si vede ormai che i secoli han corrotto la tradizione originale, salvando solo la sostanza: la Sacristia è l’antico battistero.da “PRENDI E LEGGI”
INTERNO - L’ambiente è a pianta circolare; sulle pareti sono addossate quattro semicolonne in arenaria che salgono fino all’ incoronatura degli archetti di tufo, che poggiano su mensolette di pietra. Due colonne di pietra, sormontate da capitelli cubici, sostengono la parte anteriore del doppio arco che lega l’edificio all’abside.
L’abside è ampia, rivolta ad oriente, illuminata da tre finestre strombate, con un sedile (presbyterium) lungo tutta l’ampiezza. Una grande pietra, sostenuta da una costruzione in muratura, è ciò che resta di un antico altare, ora sostituito da una mensa che poggia su colonnine. Al centro vi è la tradizionale piscina degli antichi battisteri: una vasca ottagonale costruita con un conglomerato di pietre e di tufo calcareo, rivestita di cemento rosaceo, probabilmente per renderla impermeabile all’acqua.
Ha un diametro interno di cm. 130 ed uno spessore di cm. 50 e porta i segni evidenti di una demolizione in altezza, della quale non è possibile determinare la misura primitiva. Il lato che guarda ad oriente presenta una rientranza concava (forse per comodità del sacerdote a versare l’acqua sul capo del battezzando, immerso nella piscina) in cui si innesta il fonte battesimale più recente realizzato alla fine del restauro degli anni 1932-40.
La vasca si imposta su tre lastre di pietra accostate nel senso trasversale, la più grande delle quali, in corrispondenza del centro del poligono, reca un foro di scarico in un pozzo sottostante di forma rettangolare e profondo cm. 155.
La piscina poggia su una struttura cilindrica, fatta di grosse pietre e pezzi di tufo legati con abbondante calce, che si affonda nel suolo per due metri circa fino al piano del pozzo di scarico e presenta all’esterno quasi con regolarità corsi di pietre alternati a corsi di tufo calcareo.
Tutto attorno gira un corridoio anulare largo circa cm. 125 e più basso di cm. 50.
Il pavimento a cocciopesto, conservato in parte notevole ed ora ricoperto da assi lignee, è racchiuso (eccetto il lato est verso l’abside) da un quadrato di ruderi di muro. Sono le tracce visibili dell’antica costruzione quadrata con tre lati perpendicolari tra loro: un buon tratto del lato nord, il lato ovest nel quale è stata individuata la soglia d’ingresso (di pietra lavorata a mazza) e il lato sud, individuato ad una quota più bassa.
A destra e a sinistra della porta d’ingresso, due aperture con un’architrave in ghiandone sormontata da un’arcata conducono a due scalette situate nello spessore del muro perimetrale: quella a destra di chi entra è troncata a metà altezza; quella di sinistra, regolare fino all’altezza del ripiano dell’altra, continua in forma rudimentale fino al sottotetto, scarsamente illuminata da due piccole finestre quadrate che permettono di osservare l’imponenza dell’ambiente. Si può supporre fossero l’accesso a un matroneo: ma questo non esiste nell’attuale costruzione.
Un’apertura secondaria, che metteva in comunicazione il battistero con la chiesa di santa Eufemia appena ricostruita (1620 circa), si trova sul lato nord.
AFFRESCHI -Negli anni 1997-99 l’Associazione Culturale Archeologica di Oggiono ha promosso il restauro degli affreschi, con minuziosi interventi anche sulle murature e sui manufatti lapidei.
La direzione dei lavori è stata affidata all’architetto Roberto Spreafico; gli interventi di restauro sono stati eseguiti dal maestro Giacomo Luzzana di Civate.
La parte absidale, probabilmente tutta affrescata in epoca romanica, manifestava le condizioni di conservazione peggiori, essendo state martellinate le pitture nel ’700 (trasformazione in sagrestia) per far aderire il nuovo intonaco di calce.
Sono stati quindi resi più leggibili gli affreschi già messi in luce dal restauro di don Gottifredi (1932-1940): la mano benedicente del Cristo Pantocrator centrale del catino, parte della mandorla, un frammento della figura dell’Uomo-Matteo e una piccola porzione di tetto coperto da embrici. Sono stati resi visibili lacerti di un affresco riguardante una teoria di Santi (probabilmente gli Apostoli) nella zona compresa tra le due monofore; si è attuato inoltre un esteso recupero delle decorazioni fitomorfe nella superstite finestrella nord originaria. La pulitura degli affreschi dell’aula ha riguardato l’eliminazione del diffuso imbiancamento di polveri e di sali, il consolidamento delle aree in cui strati di intonaco e di colore risultavano sollevati, la rimozione di scialbature e di residui di intonaco.
Il recupero di alcuni riquadri ha contribuito anche a fare qualche rilevazione sulla datazione degli affreschi, attribuibili a diversi autori ed eseguiti nel periodo che intercorre tra il ’400 e il ’500 circa.
Fra i dipinti di sinistra, la figura più antica sembra quella del Battista; fra i dipinti di destra sembra più antico quello della Vergine a lato del presbiterio, più recente il trittico d’ingresso. Il Santo coronato è stato dipinto posteriormente alle figure vicine.
Procedendo in senso orario, dalla sinistra di chi entra dall’ingresso principale, le pareti circolari dell’ambiente offrono una significativa sequenza di immagini. Di gusto piuttosto raffinato è l’immagine di sant’Eufemia, cui è dedicata la chiesa parrocchiale, raffigurata con il libro della dottrina cattolica nella mano sinistra e la palma del martirio nella destra, mentre schiaccia sotto i piedi il simbolico drago dell’eresia. Sulla veste è incisa la data 1731 (o 1735), anno nel quale si intrapresero i lavori di trasformazione del battistero in sagrestia.
Segue un riquadro con le figure dei due santi invocati contro le pestilenze, Rocco e Sebastiano, fra loro rivolti in una specie di sacra conversazione. Rocco, di aspetto assai giovanile, sbarbato, ha il bastone del pellegrino nella mano sinistra e indica la piaga con l’indice della destra; Sebastiano è legato seminudo alla colonna (che appena si intravede).
Subito dopo la porticina laterale, anche se in parte lacunosa, una pregevole immagine di san Giovanni Battista con l’Agnello crocifero, con i tratti del volto e del panneggio segnati da dinamismo espressivo.
Sulla destra dell’abside, la bella figura della Madonna in trono con il Bimbo che indossa una collana di corallo e porge una mela o un’arancia, simboli della redenzione e della protezione dal male per l’eternità.
Accanto san Bernardo pare si volga verso di loro: è l’unico santo che abbia una aureola dipinta e non incisa e bulinata come nelle altre raffigurazioni, porta la cocolla bianca, tiene il pastorale nella mano sinistra e leva la destra in segno benedicente.
Si erge dopo di lui una grandiosa figura con il capo aureolato e coronato (in parte danneggiata come quella precedente a causa della apposizione di un lavabo), che indossa una ricca sopravveste e ha nella mano sinistra una melagrana.
Interessante è la figura di santa Odilia, badessa di Hohenbourg in Alsazia, in abito monastico nero, che regge un piattello con occhi nella mano sinistra (secondo la leggenda, la figlia del duca alsaziano Adalrico, cieca dalla nascita, avrebbe acquistato la vista dopo il battesimo impartitole dal vescovo sant’Erardo) ed un punteruolo da ricamo nella destra (sempre secondo la tradizione, dopo aver riacquistato la vista la santa si è dedicata all’arte del ricamo, per cui è invocata anche come protettrice delle ricamatrici).
Sulla veste della Santa un graffito offre una interessante notizia (che però non è del tutto decifrabile) relativa alla interdizione della chiesa plebana di santa Eufemia nel 1520. Probabilmente era relativa a episodi della guerra in atto tra Francesi e Spagnoli e in particolare a qualche contestazione di prelati cui si attribuiva facilmente l’appetibile beneficio della plebana.
1520 DIE 23 Augusti Jnterdicta fuit Ecclesia
Sancte Eufemie de Vglono et super Uglonibus
for . . . 16
Di seguito, isolata da un’apposita cornice, sta una raffigurazione di san Rocco in veste di pellegrino, con il bastone in mano e in atto di accennare alla piaga, ma con in più il caratteristico cagnolino che tiene nella bocca il pane.
Nella parte inferiore della figura, sulla destra, una scritta tramanda l’inizio della costruzione della prepositurale di santa Eufemia ai primi anni del ’600, sotto la prevostura di don Paolo Galimberti
Chiude la sequenza un ampio trittico con la Madonna in trono e il Bambino, fra san Sebastiano e san Rocco, figure di nuovo eseguite secondo schemi del tutto consueti.
Altre parole graffite sulla predella della Vergine e sotto il san Sebastiano rimandano all’opera del Malacrida. Offre invece un esempio di riflessione l’epigrafe sull’orlo del calzare del piede sinistro di san Rocco
beatus vir q (qui) sp (erat)
1731- la trasformazione in segrestia -
1932 - il restauro -
“Accolsi il suggerimento come un ordine”: è la frase con cui don Carlo Gottifredi, prevosto di Oggiono dal 1927 al 1969, spiega l’occasione e il motivo per cui il 27 aprile 1932 fece iniziare i lavori di restauro dell’antico battistero, trasformato in sagrestia nel ’700. Qui infatti pochi giorni prima, precisamente la mattina del 14 aprile 1932, durante la sua prima visita pastorale nella Pieve di Oggiono, il Card. Ildefonso Schuster (beatificato il 12 maggio 1996) gli consigliava di fare ricerche sotto la pavimentazione in cotto, per individuare eventuali resti di un battistero, data la comune designazione e la forma esterna dell’edificio.
Nel passato queste modifiche dovevano essere abbastanza usuali, tali da non suscitare scalpore, se non in menti particolarmente sensibili.
Riguardo il battistero di Oggiono, ci fu chi subito levò la sua voce ad indicare il grave danno arrecato a tutta la comunità.
Documenta il fatto lo storico Ignazio Cantù (1810-1877) di Brivio (fratello minore di Cesare) il quale, ricordando la visita ad Oggiono del Card. Giuseppe Pozzobonelli (arcivescovo di Milano dal 1743 al 1783), annota che “ebbe a muovere un forte rimprovero agli Oggionesi, per aver convertito un antico battistero nella sagrestia della loro chiesa parrocchiale, senza averne avuto sua approvazione, e tanto più per avere distrutto uno dei migliori nostri monumenti d’Antichità”.
Era iniziato invece qualche anno prima, esattamente nel 1731, il rimaneggiamento che aveva deturpato l’esterno della costruzione e cancellato all’interno ogni traccia di romanico. La data è graffita sulla veste di sant’Eufemia, il primo affresco a sinistra di chi entra.
Arcivescovo di Milano era il Card. Benedetto Erba Odescalchi (1712-1736).
Fu tamponato l’ingresso e nella parte soprastante fu aperto un finestrone barocco, senza tenere alcuna simmetria sul piano della facciata. Le finestrelle a sguancio furono murate; fu data forma quadrangolare alla finestra del lato sud est e fu ingrandita quella meridionale dell’abside.
Venne data una sistemazione diversa alla copertura, sia dell’ottagono che dell’abside: ambedue furono sopraelevati, il primo a mattoni con finestrelle circolari, la seconda in modo più semplice, coperti infine da un nuovo tetto quasi piano, a tegole.
La cupola di tufo fu segnata da una ventina di crepe, appesantita anche dalle beole frantumate e dai detriti del tetto ivi abbandonati.
L’interno fu trasformato in una gran sala bianca essendo state murate, oltre la porta d’ingresso, anche le aperture laterali dalle quali si accede alle scale.
La coronatura circolare al limite della cupola fu sostituita da un cornicione barocco che nascondeva gli avanzi degli archetti romanici di tufo e delle mensolette di pietra su cui poggiavano. Furono rimosse le semicolonne di pietra disposte a rompere la monotonia circolare interna. I mattoni sostituirono le colonne di pietra di sostegno della parte anteriore del doppio arco che lega l’edificio all’abside. Furono lasciati solo un capitello cubico (con cui termina la colonna di destra) e le basi di due semicolonne.
Gli affreschi dell’abside furono martellati per far aderire il nuovo intonaco di calce. Furono ricoperti da imbiancatura tutti i dipinti della parete circolare, sulla sinistra di chi entra dall’ingresso principale, fino all’abside. Sulla destra di questa, la stessa sorte toccò anche alla figura della Madonna in Trono con il Bimbo e a parte di quella di san Bernardo.
Si salvarono gli altri affreschi, ai quali furono addossati gli armadi della sagrestia.
Il restauro, iniziato nel 1932, si concluse nel 1940.
Il mattino del 18 luglio 1943 il Card. Schuster portava a termine il rito della consacrazione del nuovo altare, seduto al centro del presbiterio, circondato da numerosi sacerdoti che avevano preso posto sul sedile circolare di pietra.
Don Carlo Gottifredi (1886-1970), letterato e studioso insigne, oltre che pastore solerte, testimone diretto del lento e paziente lavoro di restauro, ci ha lasciato una pubblicazione preziosa (Sac. Dott. Carlo Gottifredi - Il Battistero Medioevale di Oggiono - Cattaneo - Oggiono - 1965), l’unica esistente a tale riguardo, in cui le doti di scrittore e la competenza nelle precisazioni tecniche si alternano all’affetto per il suo “bel san Giovanni”.
Da segnalare anche le fotografie che integrano il testo e non solo documentano lo stato della costruzione prima del restauro, ma annotano con precisione le varie tappe degli interventi succedutisi nell’arco di otto anni per restituire il battistero alla sua antichissima destinazione.



Bollettino Mensile - Aprile 1932 don Carlo Gottifredi.
BATTISTERO SAN GIOVANNI BATTISTA
EPOCA - L’edificio attuale, ottagonale all’esterno e circolare all’interno, si presenta come uno dei monumenti più rappresentativi dello stile romanico nel nostro territorio. Risale probabilmente al secolo XI quando, si ipotizza a causa di un crollo o di altri gravi dissesti, fu resa necessaria la ricostruzione del battistero precedente (VIII-IX sec. circa).
I lavori di restauro degli anni 1932-1940 intrapresi dal parroco don C. Gottifredi (dopo la grave deturpazione subita nel 1731 quando il monumento fu trasformato in sagrestia) hanno rilevato l’esistenza di un più antico battistero paleocristiano a pianta quadrata, che si potrebbe far risalire al V-VI secolo. Della stessa epoca potrebbe essere la vasca sottostante il fonte battesimale ottagonale ad immersione.
ESTERNO - L’edificio è a pianta ottagonale irregolare; a est si protende l’abside semicircolare, più bassa. I paramenti murari sono costituiti da conci di pietra arenaria locale a vista, di diverse dimensioni.
Gli angoli dell’edificio sono delineati da semicolonne, impostate su bassi piedistalli e terminate da capitelli cubici smussati negli angoli.
Sotto la gronda si succedono un giro di archetti pensili in arenaria retti da mensole, una fascia decorativa di conci cubici in pietra disposti a sega ed una cornice sempre in pietra su cui poggia la copertura.
Il lato dell’ottagono su cui si apre l’ingresso è delimitato da due paraste e sottolineato da una coppia di esili semicolonne. Due losanghe simmetriche formate da pietre quadrate di piccole dimensioni impreziosiscono la facciata.
Il portale è costituito da un’apertura rettangolare, sormontata da un singolare timpano costituito da un monolito di ghiandone (spezzatosi nel ’700), sopra il quale poggia un arco composto da conci lapidei decorati con linee segmentate.
La luce penetra da finestre rettangolari strombate: tre situate sul lato meridionale e una su quello settentrionale; tre più piccole illuminano l’abside.
L’edificio è ricoperto da una cupola di tufo che poggia direttamente sul perimetro dei muri; la copertura a spioventi, come quella dell’abside, è in lastre di beole della Val Malenco.
731- la trasformazione in segrestia -
1932 - il restauro -
“Accolsi il suggerimento come un ordine”: è la frase con cui don Carlo Gottifredi, prevosto di Oggiono dal 1927 al 1969, spiega l’occasione e il motivo per cui il 27 aprile 1932 fece iniziare i lavori di restauro dell’antico battistero, trasformato in sagrestia nel ’700. Qui infatti pochi giorni prima, precisamente la mattina del 14 aprile 1932, durante la sua prima visita pastorale nella Pieve di Oggiono, il Card. Ildefonso Schuster (beatificato il 12 maggio 1996) gli consigliava di fare ricerche sotto la pavimentazione in cotto, per individuare eventuali resti di un battistero, data la comune designazione e la forma esterna dell’edificio.
Nel passato queste modifiche dovevano essere abbastanza usuali, tali da non suscitare scalpore, se non in menti particolarmente sensibili.
Riguardo il battistero di Oggiono, ci fu chi subito levò la sua voce ad indicare il grave danno arrecato a tutta la comunità.
Documenta il fatto lo storico Ignazio Cantù (1810-1877) di Brivio (fratello minore di Cesare) il quale, ricordando la visita ad Oggiono del Card. Giuseppe Pozzobonelli (arcivescovo di Milano dal 1743 al 1783), annota che “ebbe a muovere un forte rimprovero agli Oggionesi, per aver convertito un antico battistero nella sagrestia della loro chiesa parrocchiale, senza averne avuto sua approvazione, e tanto più per avere distrutto uno dei migliori nostri monumenti d’Antichità”.
Era iniziato invece qualche anno prima, esattamente nel 1731, il rimaneggiamento che aveva deturpato l’esterno della costruzione e cancellato all’interno ogni traccia di romanico. La data è graffita sulla veste di sant’Eufemia, il primo affresco a sinistra di chi entra.
Arcivescovo di Milano era il Card. Benedetto Erba Odescalchi (1712-1736).
Fu tamponato l’ingresso e nella parte soprastante fu aperto un finestrone barocco, senza tenere alcuna simmetria sul piano della facciata. Le finestrelle a sguancio furono murate; fu data forma quadrangolare alla finestra del lato sud est e fu ingrandita quella meridionale dell’abside.
Venne data una sistemazione diversa alla copertura, sia dell’ottagono che dell’abside: ambedue furono sopraelevati, il primo a mattoni con finestrelle circolari, la seconda in modo più semplice, coperti infine da un nuovo tetto quasi piano, a tegole.
La cupola di tufo fu segnata da una ventina di crepe, appesantita anche dalle beole frantumate e dai detriti del tetto ivi abbandonati.
L’interno fu trasformato in una gran sala bianca essendo state murate, oltre la porta d’ingresso, anche le aperture laterali dalle quali si accede alle scale.
La coronatura circolare al limite della cupola fu sostituita da un cornicione barocco che nascondeva gli avanzi degli archetti romanici di tufo e delle mensolette di pietra su cui poggiavano. Furono rimosse le semicolonne di pietra disposte a rompere la monotonia circolare interna. I mattoni sostituirono le colonne di pietra di sostegno della parte anteriore del doppio arco che lega l’edificio all’abside. Furono lasciati solo un capitello cubico (con cui termina la colonna di destra) e le basi di due semicolonne.
Gli affreschi dell’abside furono martellati per far aderire il nuovo intonaco di calce. Furono ricoperti da imbiancatura tutti i dipinti della parete circolare, sulla sinistra di chi entra dall’ingresso principale, fino all’abside. Sulla destra di questa, la stessa sorte toccò anche alla figura della Madonna in Trono con il Bimbo e a parte di quella di san Bernardo.
Si salvarono gli altri affreschi, ai quali furono addossati gli armadi della sagrestia.
Il restauro, iniziato nel 1932, si concluse nel 1940.
Il mattino del 18 luglio 1943 il Card. Schuster portava a termine il rito della consacrazione del nuovo altare, seduto al centro del presbiterio, circondato da numerosi sacerdoti che avevano preso posto sul sedile circolare di pietra.
Don Carlo Gottifredi (1886-1970), letterato e studioso insigne, oltre che pastore solerte, testimone diretto del lento e paziente lavoro di restauro, ci ha lasciato una pubblicazione preziosa (Sac. Dott. Carlo Gottifredi - Il Battistero Medioevale di Oggiono - Cattaneo - Oggiono - 1965), l’unica esistente a tale riguardo, in cui le doti di scrittore e la competenza nelle precisazioni tecniche si alternano all’affetto per il suo “bel san Giovanni”.
Da segnalare anche le fotografie che integrano il testo e non solo documentano lo stato della costruzione prima del restauro, ma annotano con precisione le varie tappe degli interventi succedutisi nell’arco di otto anni per restituire il battistero alla sua antichissima destinazione.
