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Chiesa san Lorenzo

 

Lorenzo, di origine spagnola (210 ca.), fu creato arcidiacono da papa Sisto II° e posto a capo della comunotà dei diaconi di Roma. Ricevuto dal prefetto della città l'ordine di consegnargli le ricchezze della Chiesa, distribuì tutto ai poveri, probabilmente su incarico del Papa (arrestato e condotto al martirio), per cui fu vittima della persecuzione dell'imperatore Valeriano. Subì il martirio a Roma il 10 agosto dell'anno 258, steso sulla graticola a messo a bruciare sui carboni ardenti.

 

Dedicazione
La dedicazionea san Lorenzo risale ad un uso assai frequente nell'alto Medioevo, favorito anche dall'impulso dato al culto del Santo dal papa Alessandro II° (1061 - 1073).

Lo una iscrizione a destra dell'ingresso della chiesetta: "Il Pontefice Alessandro II° concesse l'indulgenza di 40 anni ed altrttante quarantene a tutti quelli che pentiti e confessati visitassero in ogno mercoledì dell'anno qualunque chiesa dedicata a san Lorenzo".

Successivamente, la comunità dei fedeli che offre il contributo per i restauri iniziati nel 1595, vorrebbe dedicare la chiesetta a san Rocco. Ma al termine dei lavori (prima decade del '600) prevale la volontà di san Carlo Borromeo che, nella diocesi di Milano, si era intensamente impegnato a diffondere il culto della Vergine, sostenuto anche dal nuovo fervore per la Madre di Dio proprio del pericolo successivo al concilio di trento (1545 - 1563).

L'Oratorio viene quindi intitolato alla Beata Vergine col Cristo Deposto.

 

Epoca
Non esiste alcuna traccia della costruzione originale che risale al Medioevo (sec.XIII° ca.) ed è restaurata nel 1595.

Nel 1745 viene ricostruita nelle forme attuali. Lavori di restauro vengono eseguiti nel 1912 e successivamente nel 1979, per ricordare i 40 anni di sacerdozio di don Vittorio Orlandi.

 

Notizie storiche
La più antica notizia sull’esistenza della chiesetta risale a Goffredo da Bussero (1220-1289?), che nel “Liber Notitiæ Sanctorum Mediolani” elenca in Oggiono, oltre alla chiesa principale di sant' Eufemia, quelle di sant' Agata e di san Lorenzo.

Due secoli dopo, precisamente nel 1455, l’arcivescovo di Milano Gabriele Sforza nella sua relazione sulla visita pastorale ad Oggiono, rileva che la chiesetta “è abbandonata, si batte e si vaglia il frumento per opera di secolari, e vi tengono cose profane”. Ordina quindi al prevosto che si ponga fine a tali atti, pena la scomunica.
Nel 1566 la situazione non è cambiata, per cui il vicario foraneo Filippo Sormano impone la distruzione o la chiusura della Chiesa.
Sappiamo poi dal delegato di san Carlo, il padre gesuita Leonetto Chiavono, il quale la visita nel 1570, che si è optato per la seconda soluzione.
Negli Atti della Visita di san Carlo del 1571 troviamo inserita la pianta di “san Lorenzo campestre” (insieme con quella di sant'Agata).

Il disegno e le notizie del padre Chiavono fanno supporre l’esistenza di una costruzione antica, quasi sicuramente romanica: il livello del pavimento è più basso di due gradini per l’incremento del piano stradale (segno questo del lungo periodo di tempo intercorso dalla costruzione) e il presbiterio è indicato con un piccolo perfetto emiciclo, la cui apertura è di poco più di un terzo della larghezza, secondo schemi romanici consueti.
Finalmente, nel 1595, si provvede al restauro dell’Oratorio. Ne parla mons. Giovanni Pietro Borchio, che lo visita in tale anno come delegato del card. Federico Borromeo.

Sostanzialmente si conserva l’antica struttura, con lavori di ripristino. Si nota però evidente la preoccupazione di seguire le istruzioni di san Carlo, riportando ordine in una chiesa da lungo tempo abbandonata: “... il Crocefisso sotto l’Arco Santo, un portale conveniente, la finestra circolare...”. Vengono aperte tre finestre per lato, rispetto alle due aperte prima sul fianco meridionale.
La cappella è lunga circa m. 13 e larga m. 9; il piccolo presbiterio è aperto di m. 3,50. Dalle visite del 1604 e del 1608 si deduce che i restauri sono terminati.

Manca la pala d’altare, che viene commissionata al pittore Paolo Camillo Landriani detto Duchino.
La data “1609” che si legge sotto il piede destro della Vergine attesta l’anno in cui si presume l’opera sia compiuta.

Notizie precise su questo lavoro ci vengono offerte dal visitatoreAlbergato, che nel suo verbale ci mette al corrente di particolari curiosi: la enorme somma richiesta dal pittore - 50 scudi - di gran lunga superiore alle previsioni dei committenti; le trattative; le rate versate con fatica, dopo il legato (6 scudi) del primo donatore, il presbitero Giovanni Maria Lanfranchi; i 6 scudi raccolti dalla comunità di Oggiono...
Nel 1615 il Card. Federico Borromeo si dimostra soddisfatto dell’Oratorio rinnovato che sollecita nella popolazione molto fervore, accompagnato anche da generose offerte.
Vengono designati gli amministratori secondo un ordine preciso: prevosto, priori e tesorieri delle Confraternite del Rosario e del S. Sacramento. Si danno disposizioni anche per l’uso delle offerte (in particolare per la decorazione delle pareti della cappella) e per la destinazione di quelle eccedenti: la ricostruzione della chiesa parrocchiale, dopo la demolizione dell’antica costruzione romanica (viene conservato il Battistero).
L’Oratorio restaurato continua a svolgere appieno le sue funzioni.
Diventa sede di una Confraternita, intitolata all’Immacolata Concezione (fondata nel 1640 dal card. Monti), alla quale possono appartenere sia ecclesiastici che laici.

E sono appunto i Confratelli dell’Immacolata che, ritenendo l’Oratorio piccolo rispetto al popolo numeroso che vi accorre, intraprendono la costruzione della nuova chiesa.

Rispetto all’edificio precedente l’aula sarà quadrata, con il lato di m.12; la cappella maggiore sarà larga m.6 e profonda ca. m.12.
L' innovazione più rilevante quindi sta nel presbiterio e nel coro in cui i Confratelli sentono l’esigenza di disporre gli stalli e i loro uffici: viene quindi a cadere il motivo principale della ricostruzione, quello cioè di accogliere un pubblico di fedeli più numeroso. Certamente però si devono segnalare altre valide ragioni: l’ambizione di possedere una bella chiesa adeguata alla frequenza e alla venerazione popolare, un edificio sacro ornato secondo il nuovo gusto barocco, una evidente disponibilità di mezzi.
Il progetto viene approvato, col divieto però di erigere due cappelle laterali e con la limitazione ad una sola campana sul campanile.
I lavori iniziano nel 1745 e sembrano terminati nel 1751, come afferma il card. Pozzobonelli, che definisce il nuovo Oratorio “elegante nelle forme, e molto ampio”. Lo stesso Cardinale però non accenna al grande avancorpo addossato alla facciata, che senz’altro è stato aggiunto dopo.
L’edificio, secondo Gio Angelo Crivello, “fa parte di quel tipo maggiore di Oratorio che, per dimensioni e decoro, rientra nell’ambito del tempio, ha maestà e proporzioni ambiziose ed è fra i definitivi esempi di Oratori alla fine della gloriosa stagione inaugurata da san Carlo”.

 

Esterno
La caratteristica costruzione aggiunta alla facciata, che si presuppone affidata ad un altro architetto in un’epoca successiva, risponde forse al desiderio ed anche alla necessità dei Confratelli di avere un portico più vasto e non privo di praticità, con una capace sede sovrastante (ora casa del custode).
La parte anteriore è incorniciata da una grande serlianain serizzo, arco escluso. Larghe e lisce modanaturesegnano la parete.

Nella parte alta il riquadro con l’affresco del pittore oggionese Pasquale Agudio (1863-1914), firmato e datato 1914. L’opera rappresenta il Santo che sorregge con la mano sinistra la graticola su cui fu seviziato e tiene con la destra un libro. Un angelo gli porge la palma del martirio mentre in alto alcuni angioletti fanno corona. In basso, tra le fiamme, le anime purganti vengono soccorse dagli angeli.
Sulla parete sud della chiesa (verso il cimitero) sono murate tre lapidi di marmo bianco, racchiuse in una cornice di arenaria, che ricordano altrettanti concittadini che con le loro opere hanno reso illustre il nome di Oggiono in terra di missione: P. Isidoro, P. Pietro Bonacina e P. Angelo Galli.
Addossato a questo lato era un fabbricato adibito a sagrestia, abbattuto durante i lavori di restauro iniziati nel 1912 (prevosto Luigi Colombo), quando l’accesso al cimitero era da via Ca’ Bianca ai Pascoli (pressappoco all’altezza della cappella dedicata al prevosto Gottifredi). Nel locale si trovava il pregevole mobile barocco, trasformato in confessionale all’inizio degli anni ‘70 e collocato nella chiesa prepositurale (seconda cappella a destra).

 

Interno
L’interno si presenta luminoso, più agile ed elegante se paragonato alla facciata.

Qui il barocchetto si mostra pienamente nelle curve armoniose dell’aula, nelle esedre laterali, nei piccoli pulpiti appena sporgenti (4 sulle pareti laterali dell’aula e due nell’abside) per la maggior parte non accessibili, nelle lesene e nelle trabeazione che danno un tocco di leggerezza alle pareti.
Gli incavi delle cappelle laterali sono portati in avanti, quasi ad abbracciare i fedeli. In esse spiccano due tele di grandi dimensioni raffiguranti rispettivamente: quella di destra “San Filippo Neri, la Vergine e i fanciulli”; quella di sinistra “Sant'Anna con Maria Bambina” (venerata dagli Oggionesi il 26 di luglio, giorno in cui nel 1761 fu concessa l’indulgenza per l’oratorio). Sono dipinti ad olio su tela centinata di autore ignoto (‘600).

Il giro semicircolare dell’abside rende più ampio il coro, occupato da stalli di noce del ‘600 con inginocchiatoio.
Dietro l’altare, un confessionale di legno del ‘600, un candelabro di ferro battuto del ‘700 e due grandi statue di gesso provenienti dall’altare maggiore della prepositurale, che rappresentano san Carlo e sant'Ambrogio in preghiera.
La chiesa è di interessante qualità anche nei particolari. Il grandioso altare è di legno e così pure la grande cornice che gira attorno al quadro del Duchino. Nel mezzo della tela è raffigurata la Vergine (con il volto atteggiato ad un dolore profondamente umano e vero) che tiene sulle ginocchia il Cristo morto. Alla destra è san Rocco, al quale si voleva dedicare l’Oratorio e alla sinistra san Sebastiano, col torso costruito con tecnica raffinata. In primo piano sulla sinistra è san Lorenzo, nel cui viso sembra di intravedere le fattezze del card. Federico Borromeo e, dirimpetto, san Vincenzo martire col volto di san Carlo.
Sull’altare sono disposti sei candelieri e un crocifisso di rame argentato di squisita fattura (fine ‘800).

Il tabernacolo del ‘600 è di legno policromo artisticamente intagliato; le decorazioni sono eseguite con finezza e senso artistico.

Il palio presenta quattro cariatidi scolpite nel legno.

La balaustra (del ‘700) è di marmi misti (verde intarsiato col rosso); la cimosa è di marmo striato rosso-grigio interrotto da una cintura di marmo grigio.

Le stampe che raffigurano la Via Crucis, in cornice di legno, sono dell’inizio dell’ ‘800.
La cantoria, secondo il Crivello, appare come la parte più appesantita dell’interno, probabilmente per una pratica funzione d’accesso ai locali sovrastanti il portico.

 

Affreschi
L’abside evidenzia eleganti riquadrature con buoni affreschi che rappresentano: Annunciazione, Assunzione, Visitazione. Quello centrale è sovrastato da un dipinto che ripropone san Lorenzo con la graticola, su una falsa finestra. Sulla volta spicca l’Eterno Padre (creazione del mondo).
Sulla volta dell’aula, al centro del riquadro mediano a cui si uniscono i quattro costoloni, è l’Assunzione con san Lorenzo e san Giovanni Battista. Sull’Arco Santo il Crocifisso, affrescato con sorprendente effetto di rilievo, offre una nota di illusione ottica che si ripete, con minore impegno, nelle cappelle laterali.

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